La Pianura lombarda, già nella collezione di Pietro Baragiola, fu presentata da Carcano nel 1885 all’Esposizione Internazionale di Anversa, dove ottenne un premio. L’opera è stata una delle più esposte da Carcano nell’arco di tutta la sua vita e quella che ricevette più riconoscimenti e consenso. Acquistata per L. 6.000 dall’Onorevole Pietro Baragiola all’esposizione di Como del 1899, questo lavoro viene accreditato dalla critica fra le cose migliori del maestro. Qui, più che mai, Carcano possa definirsi “pittore dei piani“. La vasta, “cosmica” pianura si allarga all’infinito al di sotto della linea delimitata, nella parte bassa del quadro, dai grossi massi sbiancati dalla luce. Il Marescotti la definisce ”smagliante di colori e sfolgorante nel trionfo della chiara luce del giorno“, benché come annotava già nel 1914 il cronista de “Il Corriere della Sera”, “il cobalto e l’oltremare della Pianura lombarda annerirono” col tempo. Ancora una volta l’artista procede per piani compositivi, accentrando l’attenzione sul primo piano prima di sconfinare nell’ampia distesa sottostante, disseminata di case “che hanno per confine lo spazio, l’orizzonte e l’azzurro della lontananza”. L’Anna Ottino della Chiesa scrive che la Pianura lombarda di Carcano “non è una pianura o quella tal pianura, ma semplicemente ‘la pianura’, cioé la poesia di Lombardia che la forma, macerata all’orizzonte, conclude a contrasto delle tormentate rocce di primo piano. Per farsi a noi più lontana, più lontana dai nostri occhi ‘reali’, ma più vicina allo spirito della terra che la generò”. Nel 1887 Raffaello Barbiera scrisse che “la parte superiore del quadro, Una pianura lombarda, che si sprofonda in uno spazio indefinito, è preziosa. In qualche altra tela si riscontra un non so che di duro, di diamantino, che sarà segno di forza, ma che offende la vista. Alcuni massi bianchicci sembrano pezzi di torrone di Cremona; ma se il Carcano li dipinse così, li vide così. Egli ha troppo rispetto del vero per alterarlo. Per lui artista, come per ogni pensatore moderno, tutto ha valore: tutto ha un anima; ed è quell’anima che l’artista deve interpretare, deve far sentire; è l’anima delle cose”. Certamente è questo uno dei quadri più interessanti della produzione paesaggistica di Carcano, per la composizione inedita nell’arte lombarda del tempo – che poi l’autore ripeterà più volte declinandola in maniera sempre diversa – e per la felicità della scelta cromatica, tutta giocata su pochi toni, come il bianco, il verde e l’azzurro del cielo sullo sfondo. Inoltre Carcano si discosta totalmente dalla pittura di genere e diventa un paesaggista tout court che non ha più bisogno delle macchiette – sia umane che animali – per animare la scena e renderla più appetibile.
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Jardin éclairé par le soleil, 1867

Il dipinto di Carcano Jardin éclaré par le soleil, 1867 in una foto della sala dedicata all'arte italiana dell'Esposizione Universale di Parigi del 1867
Carcano dipinse una seconda versione di Cortile a giardino con figure, effetto di sole e la portò agli Champ de Mars, per l’Esposizione Universale di Parigi nel 1867. Non si ha conferma di un viaggio a Parigi effettuato dal pittore, ma nella sua corrispondenza esiste una lettera datata 6 Maggio 1867 da parte di un tale PN Sisley. Putroppo la grafia è incomprensibile. Il quadro, intitolato Jardin éclairé par le soleil, fu considerato dalla critica uno dei quadri più indipendenti, più giovani e realisti di tutta l’Esposizione. L’opera è molto simile al Cortile a giardino con figure, effetto di sole datato 1862 e presente alla mostra di Brera del 1864, ora nella Collezione Marzotto, ma ci sono alcune differenze osservabili ingrandendo la fotografia con una lente: i fiori sparsi per terra a sinistra e i particolari del muro a destra, in primo piano. Inoltre le maggiori proporzioni della fioraia rispetto al sentiero alle sue spalle. Queste differenze avvicinano il dipinto alla versione successiva Cortile a giardino con figure, effetto di sole databile al 1867 o al 1868.
Cortile a giardino con figure, effetto di sole, 1862

Cortile a giardino con figure, effetto di sole, noto anche come La piccola fioraia, 1862, olio su tela, cm160x120, firmato e datato in basso a destra Carcano, F. 1862, Valdagno, Collezione Marzotto
Carcano ha 24 anni quando nel 1864 espone a Brera la prima versione di Cortile a giardino con figure, effetto di sole. Destinato a diventare uno dei più celebri quadri del pittore, la Fioraia è datata 1862, anno in cui l’artista vinse il Premio Canonica con il quadro di soggetto storico Federico Barbarossa ed Enrico il Leone a Chiavenna. Uno dei primi esempi dell’interesse di Carcano per la scena di genere che inaugura la serie di quelle vedute urbane redatte con un’analoga impostazione ottico-spaziale, predilette negli anni Settanta, dopo l’affinamento dei quadri d’interno. Una tipica ortaglia urbana è il soggetto della tela. Come scriveva il critico Giuseppe Mongeri il campo in cui l’artista ha svolto il suo tema è semplicissimo. Consiste di un giardino racchiuso tra quattro muraglie d’alte case, come ne abbiamo tanti nel centro della città nostra: un piccolo viale rettilineo lo attraversa, e le ajuole che lo fiancheggiano s’affoltano di una ricca vegetazione, arbusti, per la maggior parte gemmati di fiori, varii di forma e pomposi di colori. La figura vi tiene una parte secondaria: due macchiette al fondo del piccolo sentiero; davanti, una giovinetta assisa sul limitare del giardino, avente ai piedi, entro un canestro, un’abbondante messe di fiori. Fra i quadri più belli e giustamente celebrati della produzione giovanile, costituisce un documento di straordinaria importanza e dimostra la scioltezza raggiunta dall’artista nella resa prospettica, nell’esatta riduzione di una realtà oggettiva, e la volontà di un completo confronto col vero. Ogni dettaglio è trattato con lo stesso grado d’importanza rappresentativa e con notevoli effetti cromatici. La soluzione proposta è inedita per la pittura lombarda di quegli anni: un soggetto tratto dall’esperienza diretta, ambientato in uno spazio riconoscibile che dal tema si può anche definire semplice pittura di genere, ma il modo con cui è affrontato è completamente inedito. Il vero non è più colto in maniera aneddotica né pedantemente descrittiva, come invece, da Molteni in poi, fanno Inganni e i fratelli Induno. Carcano ambienta la tela in un pezzo di Milano, formato da un cortile interno e un giardino, sulla cui soglia siede una piccola fioraia. Sullo sfondo una bambina vestita di rosso, identificabile con Angela Carcano, la nipotina del pittore, che nel 1862 aveva una anno, mentre porge un fiore a una signora. La donna non è la mamma di Angela, Paolina Zorloni (1840-1862), perché era morta di parto il 20 Febbraio 1862. Non stupisce l’atteggiamento della critica, miope di fronte alle novità del dipinto: le accuse di pittura filacciosa, senza contorni di sorta, quasi senza piani e senza prospettiva, l’uso di colori pastosi e sfregature aride, leggerissime, che lasciano in molti luoghi a nudo il tessuto della tela, e l’aspetto fuggevole, oscillante. Osservazioni che alludono all’abbandono degli schemi accademici in favore di una libertà d’esecuzione fino allora mai conseguita. La Piccola fioraia è così carica di novità da aver fatto avvalorare alla critica la notizia di un viaggio dell’artista a Parigi e a Londra, intorno al 1860. Aurora Scotti scarta questa tesi, peraltro non documentata, e piuttosto suggerisce un contatto diretto di Carcano a Milano con gli artisti italiani più innovatori, con Federico Faruffini e con Domenico Morelli ospitato nel 1861 per qualche tempo nello studio di Eleuterio Pagliano, mentre lavora al Conte di Lara. A rafforzare quest’ipotesi Barilli vede nella Fioraia pacati referti ottici, lenticolari, quasi in una discendenza ideale da Faruffini e Fernando Mazzocca avverte la percezione di certo realismo preraffaellita, osservazioni calzanti, visto che le opere di Faruffini sono stilisticamente vicine a quelle degli artisti della Brotherhood. Carcano La notizia di un viaggio di Carcano a Londra nel ’60, in compagnia di un fratello pittore e di un inglese, peraltro riportata da parecchi articoli dell’epoca, proverebbe questa discendenza dai preraffaelliti. Dopo aver concesso il suo tributo alla pittura accademica, ed avendo firmato a soli 22 anni un capolavoro come La piccola fioraia, Carcano è ben equipaggiato per partire alla ricerca del puro dato visivo, del puro spettacolo naturale, traguardo che raggiunge solo verso la fine degli anni Settanta – quando inizia a dedicarsi al paesaggio – dopo aver percorso la strada della pittura di genere, in tutte le sue possibili variazioni tematiche.
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La madre e il bambino sono inquadrati dal gioco dei riflessi luminosi sui volti, sui capelli e sull’innaffatoio di metallo
Cortile a giardino con figure, effetto di sole, 1867-1868

Cortile a giardino con figure, effetto di sole, 1867 o 1868, olio su tela, cm 133.5X95, firmato in basso a destra Carcano F., Busto Arsizio, Collezione Privata
Leggendo con attenzione la cronologia delle esposizioni in cui sono comparse le opere del Carcano ci si imbatte spesso in un opera intitolata Cortile a giardino, con figure; effetto di sole, che compare a Milano nel 1864, a Parigi nel 1867, a Milano e a Torino nel 1868 e a Monaco nel 1869. Sorge comprensibilmente il pensiero che il pittore fosse così affezionato alla tela che se la portasse dietro, come faceva Leonardo con la Gioconda! A fugare questa stramba ipotesi è comparsa sul mercato una seconda versione, databile al 1867 o al 1868, della più celebre Cortile a giardino con figure effetto di sole, nota anche come La piccola fioraia della Collezione Marzotto, una delle opere più famose e riprodotte dell’artista lombardo. Quella che chiameremo per comodità Fioraia Marzotto, datata 1892, ma esposta solo nel 1864, piacque molto allo “scapigliato” Giuseppe Rovani, che ne scriveva sulla “Gazzetta di Milano” il 21 Settembre, descrivendone la più incantevole armonia, nella resa dell’aria, il fondo, le masse verdi, i fiori, il sole mattinale che illumina la scena … con tale verità che l’illusione confonde la produzione dell’arte con gli effetti della realtà. Il Rovani apprezza soprattutto la figura in primo piano che stacca sul fondo lieto di sole e verdure e che, disegnata con tanto garbo e dipinta con tanta felicità di toni … per misura cessa d’essere una macchietta assumendo lo sviluppo di una figura che potrebbe trionfare in qualunque quadro di storia. Sarà stato grazie a queste lusinghiere osservazioni, tralasciando invece la bocciatura del critico conservatore Giuseppe Mongeri, che dalle pagine di “Il Pungolo” puntava il dito contro la pittura filacciosa, senza contorni di sorta, che Carcano tornò sullo stesso soggetto, portando all’Esposizione di Brera del 1868 questa nuova versione della fioraia con il titolo di Cortile a giardino con figure, effetto di sole, che fu esposta alla mostra annuale di Brera nel 1868, assieme alla Fioraia Marzotto. Camillo Boito, con il nom de plum di Jacopo Cosmate la descrisse nel “Pungolo” del 25 Settembre 1868, come un quadrettino piccino piccino dipinto con garbo, eleganza e sole davvero, con un orto e in fondo una linea mi pare di castagni, e sul dianzi una ragazzetta che raccoglie fiori in un canestro, e de’ panni azzurri, candidi, paonazzi, distesi sopra una siepe. Una curiosità: esistono altre due versioni della Fioraia. Una è attualmente dispersa e identificabile attraverso una fotografia dell’Esposizione Universale di Parigi del 1868, pubblicata da Karl Lankheit in Von der napoleonische Epoche zum Risorgimento. L’altra è quella che ho chiamato la Cugina nobile della Piccola Fioraia ed è un quadro anch’esso disperso, riprodotto però in una foto del Fondo di Luca e Giovanni Beltrami dell’Archivio Fotografico del Comune di Milano.