
In autunno, 1882, olio su tela, cm100x200, firmato in basso a sinistra Carcano F. , Milano, Collezione Touring Club Italiano
L’orizzonte milanese alla fine dell’Ottocento si riempe di fumaioli e di fabbriche, di altiforni e gasometri che si radicano dove muiono le ortaglie. Come osserva Raffaele Calzini quell’aggiunta al profilo di Milano era timida e mediocre; prevaleva sempre il Duomo e la stessa testuggine vetrata della Galleria. Sempre nel 1882 iniziano in via Santa Radegonda i lavori della Società Elettrica Edison associata con la Union de Gaz che assicureranno l’anno dopo l’illuminazione diffusa a tutto il centro cittadino. Carcano svolge in questa tela un tema interessante di vedutismo urbano. Alla mole della cattedrale cittadina affianca, senza pregiudizi gerarchici, una ciminiera fumante e la visione della periferia della città. Il pittore abita ora in via San Barnaba e non è difficile immaginare che abbia registrato in quest’olio soltanto ciò che vede dalla sua finestra. Con un occhio da botanico-entomologo descrive con minuzia di dettagli, oltre al garofano centrale, i nasturzi, le bergenie dalle foglie carnose e gli esili fiori delle begonie; le presenze in primo piano servono a esaltare, quasi per contrasto, l’ampia veduta della città. Presentato all’Esposizione Nazionale di Roma del 1883 l’opera è commentata da Francesco Netti: In Autunno Carcano riesce nel fermare sulla tela un’impressione fugace … sopprimendo tutte le particolarità che possono nuocere all’effetto di insieme. Nel Fondo di Vespasiano Bignami, pittore e caricaturista milanese, tra i fondatori assieme al Carcano della Famiglia Artistica, è conservato un ritaglio di giornale senza data in cui il Bignami ha apposto a mano la scritta Sarà esatto l’aneddoto?. L’articolo riporta a proposito del quadro Dalla mia terrazza, che può essere identificato con l’Autunno, che il pubblico ammira alla mostra di Filippo Carcano come una delle manifestazioni più sincere e più originali dell’arte del gran pittore lombardo, un lettore ci scrive per ricordare una cuoriosa coincidenza. Il Carcano aveva dipinto, 25 anni orsono, quel quadro per sé: aveva voluto fermare in una tela la visione di Milano, quale quotidianamente gli si affacciava dall’alto della sua terrazza in via San Barnaba, né voleva venderlo. Ma in quell’epoca la bicicletta faceva la sua proma comparsa e Carcano ne era entusiasta. Purtroppo per i pittori, però, a quell’epoca i quadri si pagavano poco e le biciclette costavano molto, cosicché quando gli fu proposto di scambiare il quadro per una bicicletta il grande pittore accettò. A quell’epoca non era più un giovanotto, ne le biciclette avevano trovato la perfezione che hanno ora, cosicché la prima volta che Carcano adoperò la sua, cadde e la rovinò. Rinunziò allora definitivamente al ciclismo e appesa la macchina al posto anticamente occupato dal quadro. A quel posto rimase per molti anni, diventando un inservibile ferro vecchio, tanto che il Carcano ridendo narrava di aver dovuto – allorché traslocò in via Agnello – pagare uno straccivendolo di portargliela via. E il quadro frattanto aveva peregrinato, e mentre le biciclette diminuivano di valore, esso saliva di valore.